.jpg)
Cronaca
«100mila euro per lavorare», tentata estorsione a Modugno: 5 arresti
Gli indagati avrebbero fatto irruzione nell'azienda e minacciato i dipendenti. Sono ritenuti vicini al clan mafioso Capriati
Modugno - mercoledì 19 febbraio 2025
18.04
«Finora vi ho fatto lavorare ma ora basta, dovete pagare. Noi abbiamo gli amici in galera, persone che hanno commesso omicidi, dobbiamo pagare gli avvocati». Avrebbero chiesto 100mila euro per poter continuare a realizzare il miglioramento della viabilità di accesso alla fermata di Rete Ferroviaria Italiana di Modugno.
Questa mattina all'alba, però, l'incubo è finito. La Polizia di Stato, infatti, ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, lo scorso 17 febbraio, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo pugliese, Alfredo Ferraro, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, a carico di cinque persone ritenute responsabili, a vario titolo, del reato di tentata estorsione operata con il metodo mafioso. La vittima è un imprenditore edile di Capurso.
In cella sono finiti il 41enne Vito Nicola Carmosino soprannominato «Il pelato», il 35enne Antonio Losole, il 37enne Michele Emanuele Masi detto «Mastella», il 28enne Francesco Schiavone e il 45enne Michele Spagnuolo, alias «Bambù», quest'ultimo imparentato con i Capriati di Bari vecchia e con alcuni precedenti per omicidio e associazione mafiosa. L'indagine ha preso avvio dalla denuncia della vittima, presentata il 12 gennaio scorso dopo quattro casi di violente minacce.
Di fondamentale importanza sono state le dichiarazioni dei dipendenti della azienda i quali, oltre a ripercorrere, puntualmente, i vari tentativi di ottenere il "pizzo", tra agosto 2024 e il 10 gennaio, hanno descritto e riconosciuto gli autori delle presunte azioni estorsive. Non trascurabili, dal punto di vista investigativo, sono state le immagini delle telecamere di videosorveglianza, analizzate dalla Squadra Mobile della Questura di Bari, che hanno ricostruito compiutamente gli eventi.
I fatti, secondo le indagini dirette dal pubblico ministero antimafia Iolanda Daniela Chimienti, fanno riferimento a quattro casi, quando gli indagati, per dimostrare la serietà delle minacce, hanno nuovamente fatto ingresso nel cantiere e, schiaffeggiato uno dei collaboratori della vittima. Inoltre hanno cosparso di benzina un escavatore, minacciando di incendiarlo e riferendo che sarebbero ritornati il giorno successivo con un potente esplosivo, se l'imprenditore non avesse pagato.
Anche per tale ragione il gip, accogliendo le richieste degli inquirenti - le indagini sono state portate avanti dagli uomini del primo dirigente Filippo Portoghese -, ha contestato loro il metodo mafioso. I cinque indagati sarebbero da ricondurre alla criminalità organizzata di Modugno e sono ritenuti vicini al clan Capriati.
Questa mattina all'alba, però, l'incubo è finito. La Polizia di Stato, infatti, ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, lo scorso 17 febbraio, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo pugliese, Alfredo Ferraro, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, a carico di cinque persone ritenute responsabili, a vario titolo, del reato di tentata estorsione operata con il metodo mafioso. La vittima è un imprenditore edile di Capurso.
In cella sono finiti il 41enne Vito Nicola Carmosino soprannominato «Il pelato», il 35enne Antonio Losole, il 37enne Michele Emanuele Masi detto «Mastella», il 28enne Francesco Schiavone e il 45enne Michele Spagnuolo, alias «Bambù», quest'ultimo imparentato con i Capriati di Bari vecchia e con alcuni precedenti per omicidio e associazione mafiosa. L'indagine ha preso avvio dalla denuncia della vittima, presentata il 12 gennaio scorso dopo quattro casi di violente minacce.
Di fondamentale importanza sono state le dichiarazioni dei dipendenti della azienda i quali, oltre a ripercorrere, puntualmente, i vari tentativi di ottenere il "pizzo", tra agosto 2024 e il 10 gennaio, hanno descritto e riconosciuto gli autori delle presunte azioni estorsive. Non trascurabili, dal punto di vista investigativo, sono state le immagini delle telecamere di videosorveglianza, analizzate dalla Squadra Mobile della Questura di Bari, che hanno ricostruito compiutamente gli eventi.
I fatti, secondo le indagini dirette dal pubblico ministero antimafia Iolanda Daniela Chimienti, fanno riferimento a quattro casi, quando gli indagati, per dimostrare la serietà delle minacce, hanno nuovamente fatto ingresso nel cantiere e, schiaffeggiato uno dei collaboratori della vittima. Inoltre hanno cosparso di benzina un escavatore, minacciando di incendiarlo e riferendo che sarebbero ritornati il giorno successivo con un potente esplosivo, se l'imprenditore non avesse pagato.
Anche per tale ragione il gip, accogliendo le richieste degli inquirenti - le indagini sono state portate avanti dagli uomini del primo dirigente Filippo Portoghese -, ha contestato loro il metodo mafioso. I cinque indagati sarebbero da ricondurre alla criminalità organizzata di Modugno e sono ritenuti vicini al clan Capriati.