Crisi Baritech, incontro tra Gigia Bucci di Cgil e Leo Caroli della task force regionale
«Occorre un comune obiettivo: l’avvio di nuove attività anche diversificate in quel sito produttivo e la ricollocazione dei dipendenti»
giovedì 3 febbraio 2022
10.13
Rischiano di perdere il lavoro i 150 operai della Baritech, ex Osram, azienda nella zona industriale di Bari che per decenni ha prodotto lampadine e che nell'ultimo anno si è specializzata nel tessuto delle mascherine anti covid.
L'azienda Martur ha avviato attraverso Porta Futuro la selezione di ingegneri per il centro di ricerca e operai richiesti dall'azienda. Così facendo vanno a casa i dipendenti che rischiano il posto di lavoro per mancanza di professionalità richieste dalla multinazionale turca dell'automotive.
«I soldi pubblici, nonché l'impegno che la Regione mette attraverso le sue risorse - commenta Gigia Bucci, Segretaria Generale Cgil Bari - devono essere utilizzati per riassorbire il personale attraverso percorsi di formazione e riqualificazione. Si tratta di competenze che non possono essere perse. Non possiamo permettere che nella nostra area industriale arrivino veri e propri predatori a fare investimenti, utilizzare risorse pubbliche per poi aprire una guerra fra poveri, ossia fra i padri ultracinquantenni fuori dai cancelli che avranno perso il lavoro e i figli che entreranno, le cui professionalità sono rispondenti ai profili che la nuova azienda ha richiesto e per cui sta procedendo con le selezioni del personale. Questa cosa è inammissibile. L'area industriale di Bari che molti dicono sia piena di lavoro, è invece satura di crisi, piena di problemi occupazionali derivanti proprio da queste multinazionali che vengono, investono col ricatto di scegliere chi dicono loro a lavorare, e per mancanza di commesse, liquidano le società e mandano a casa centinaia di dipendenti. Devono intervenire responsabilmente istituzioni e politica, conclude Bucci, ma sono anche e soprattutto le imprese che vanno richiamate ad una responsabilità sociale che stanno dimostrando di non avere, perché nel momento in cui fanno un investimento devono dar conto al territorio e alle persone che abitano quel territorio».
«Occorre maggiore flessibilità nel negoziato tra Baritech e tutti i manifestatori di interesse che approcceranno all'ipotesi di reindustrializzazione - spiega Leo Caroli a capo della Task force regionale - perché si rischia che la rigidità dell'uno scontrandosi con quella dell'altro, porti ad un vero e proprio fallimento. Occorre un comune obiettivo: l'avvio di nuove attività anche diversificate in quel sito produttivo e la ricollocazione dei dipendenti». «Oltre questo ribadisco - continua Caroli - che abbiamo bisogno di nuove misure che rendano attrattiva la reindustrializzazione. Queste misure non possono che essere pubbliche e a carico della Regione».
«Un pacchetto "made in Puglia" che accompagni i lavoratori verso la riqualificazione e renda sostenibile l'impegno di reindustrializzazione da parte degli investitori», conclude Caroli.
L'azienda Martur ha avviato attraverso Porta Futuro la selezione di ingegneri per il centro di ricerca e operai richiesti dall'azienda. Così facendo vanno a casa i dipendenti che rischiano il posto di lavoro per mancanza di professionalità richieste dalla multinazionale turca dell'automotive.
«I soldi pubblici, nonché l'impegno che la Regione mette attraverso le sue risorse - commenta Gigia Bucci, Segretaria Generale Cgil Bari - devono essere utilizzati per riassorbire il personale attraverso percorsi di formazione e riqualificazione. Si tratta di competenze che non possono essere perse. Non possiamo permettere che nella nostra area industriale arrivino veri e propri predatori a fare investimenti, utilizzare risorse pubbliche per poi aprire una guerra fra poveri, ossia fra i padri ultracinquantenni fuori dai cancelli che avranno perso il lavoro e i figli che entreranno, le cui professionalità sono rispondenti ai profili che la nuova azienda ha richiesto e per cui sta procedendo con le selezioni del personale. Questa cosa è inammissibile. L'area industriale di Bari che molti dicono sia piena di lavoro, è invece satura di crisi, piena di problemi occupazionali derivanti proprio da queste multinazionali che vengono, investono col ricatto di scegliere chi dicono loro a lavorare, e per mancanza di commesse, liquidano le società e mandano a casa centinaia di dipendenti. Devono intervenire responsabilmente istituzioni e politica, conclude Bucci, ma sono anche e soprattutto le imprese che vanno richiamate ad una responsabilità sociale che stanno dimostrando di non avere, perché nel momento in cui fanno un investimento devono dar conto al territorio e alle persone che abitano quel territorio».
«Occorre maggiore flessibilità nel negoziato tra Baritech e tutti i manifestatori di interesse che approcceranno all'ipotesi di reindustrializzazione - spiega Leo Caroli a capo della Task force regionale - perché si rischia che la rigidità dell'uno scontrandosi con quella dell'altro, porti ad un vero e proprio fallimento. Occorre un comune obiettivo: l'avvio di nuove attività anche diversificate in quel sito produttivo e la ricollocazione dei dipendenti». «Oltre questo ribadisco - continua Caroli - che abbiamo bisogno di nuove misure che rendano attrattiva la reindustrializzazione. Queste misure non possono che essere pubbliche e a carico della Regione».
«Un pacchetto "made in Puglia" che accompagni i lavoratori verso la riqualificazione e renda sostenibile l'impegno di reindustrializzazione da parte degli investitori», conclude Caroli.